Le istruzioni

(cap. 1 qui)
Un giorno l’omino se ne stava tutto buono e tranquillo con i suoi amici a far bisboccia in campagna. A quell’epoca, l’epoca della favola, non c’erano telefonini, ma soltanto messi a piedi, taluni ciclisti. Anche l’omino era un ciclista niente male e anzi secondo molti aveva sbagliato mestiere. Era un ciclista, ma non capiva nulla di cicli economici. Pensava che fossero delle bici a prezzi stracciati.
Suonò dunque un messo e disse:
– Devo parlarti. Prendi questa busta, contiene le istruzioni. Vai in bagno, chiuditi a chiave, leggi e impara tutto a memoria. Poi straccia questa carta e gettala nel gabinetto, quindi tira l’acqua due volte-
– Dio mio, che cosa c’è?
– Te l’ho detto. Le istruzioni. E’ un compito delicato, è ciò che stavi aspettando.
– Va bene. Mi chiuderò in bagno finché non avrò imparato tutto a memoria.
– Ma non perdere tempo, disse il messo. E’ per subito.
– Oh santo cielo benedetto, o Maria vergine. Ma dico, ma siamo tutti impazziti?”, disse l’omino dopo aver dato un’occhiata alle istruzioni.
– “Prendere o lasciare”, disse il messo, e andò via nella pioggia del meriggio domenicale.
L’omino era nervoso e quasi disperato.
Doveva lanciare un gioco di società che non aveva mai fatto. Una seduta spiritica. Doveva preparare delle lettere dell’alfabeto di carta e disporle su un tavolo (gli batteva il cuore: come farò?) e poi doveva compiere dei gesti in modo tale che il piattino ballasse come al Bolscioi (così era scritto umoristicamente sulle istruzioni) sotto l’effetto di piccoli colpi di gomito e di piede.
A quel tempo nella Repbblica dello Stivale un grave delitto si stava compiendo. Il futuro reggente dello Stivale era stato catturato nel corso di una sanguinosa battaglia. Tutte le guardie del futuro reggente erano state sterminate da un solo guerriero nero che certamente veniva dal Regno del Male (non parlava la lingua dello stivale, dissero le donne spaventate che avevano assistito), mentre altri giovanetti che simulavano di essere feroci guerrieri lanciavano dardi a casaccio e si scontravano fra loro.
Il futuro reggente era stato catturato ed era ora prigioniero in una piccola cella in una torre senza finestre, Per lui i carcerieri del Regno del Male avevano però preparato un alloggio speciale, vicina alle regge e ai municipi della capitale dello Stivale, e questa prigione aveva un attrezzo speciale: una sorta di tapis roulant in entrata e in uscita, che portava messaggi al prigioniero e faceva uscire messaggi del prigioniero.
A quel tempo un fatto inaudito era accaduto: il Capo dei Cacciatori di Spie Nemiche della Repubblica dello Stivale aveva scoperto che dalla cassaforte del Vizir della guerra era sparita una grande pergamena dove erano scritti e descritti tutti i trucchi segreti da usare se e quando gli armigeri del Regno del Male avessero invaso il Regno di Mezzo e dunque anche lo Stivale.
Il Capo dei Cacciatori di Spie aveva affrontato a brutto muso il Vizir della Guerra e gli aveva detto: “Oh vizir dei miei stivali, che ne è stato della grande pergamena delle difese e dei trucchi?”. Il Vizir aveva deriso il Capo del Cacciatori di Spie e i due litigarono con tale veemenza che il Capo dei Cacciatori di Spie ebbe un malore e fu portato in diligenza e d’urgenza al lazzaretto.

Gli uomini che erano ai vertici dello Stivale pensarono dunque che qualcuno stava tentando di barattare la vita del futuro reggente, rapito dagli armigeri del regno del Male, con le difese estreme della Repubblica dello Stivale. E che questo era il più tremendo segreto da tener nascosto alle repubbliche che formavano, insieme allo Stivale, il Regno di Mezzo alleato con la Terra delle Libertà e delle Opportunità al di là degli oceani.
A quei tempi gli armigeri che guidavano la pericolosa incursione nello Stivale per catturare il futuro reggente e metterlo nella prigione speciale con il tapis roulant che portava dentro e fuori ogni sorta di posta, avevano stabilito la loro sede in una casa nascosta fra altre mille case tutte uguali. La sera discutevano sottovoce il programma del giorno dopo e stabilivano i turni di guardia nella prigione con il tapis roulant.
Ma ogni sera dovevano trasmettere al Regno del Male lo stato delle cose e quel che avevano fatto. Per questo si servivano di un piccolo tamburo sul quale picchiavano in modo diverso, secondo un loro codice. La loro trasmissione veniva udita da altri armigeri più lontani che la ripetevano e la ripetevano ad altri, finché non varcava la frontiera del Regno del Male e veniva tradotta su carta e recapitata nell’alto palazzo dalle torri d’oro che sovrastava la capitale.
A quel tempo accadde un fatto imprevisto. Uno degli addetti alla percussione sul piccolo tamburo si era ammalato ed era stato sostituito da un altro meno esperto. Costui, come tutti i neofiti, aveva esagerato con la percussione, sicché nelle case vicine alcuni villici si erano chiesti: “Questo è uno strano suono che non avevamo mai udito e proviene da quella casa che credevamo vuota”.
In breve, si rivolsero ai gendarmi perché a quel tempo tutti raccontavano ai gendarmi i loro sospetti, anche se in genere erano del tutto campati per aria o frutto di fantasie.
I gendarmi vennero una mattina con aria distratta e bussarono alla porta della casa da cui era stato udito il rumore del tamburo e percossero col batacchio la porta, senza che nessuno aprisse: “Qui non c’è nessuno”, avevano concluso. E se n’erano andati.
In effetti quando erano venuti i gendarmi, nella casa non c’era nessuno perché erano andati tutti a lavorare alla prigione col tapis roulant a inventariare le pergamene che avevano ottenuto promettendo di salvare la vita al povero futuro reggente.
Ma a quel tempo nella gendarmeria dello Stivale molti erano gli agenti del Regno del Male e uno di loro seppe che la casa dei suoi compagni era stata individuata come un luogo da cui partivano strane trasmissioni e che i gendarmi sarebbero prima o poi tornati.

Bisognava dunque avvertire gli uomini della casa che era ora di andarsene. E fu a quel punto che il Mangrovio di Lubianka, capo militare della spedizione del Regno del Male nella Repubblica dello Stivale, ebbe un’idea: “L’omino!” disse. “Ecco il lavoro che cercavamo per lui. Sarà lui, seguendo le nostre istruzioni, a metter sull’avviso i nostri uomini e lo farà in modo tale che non potrà mai più liberarsi di noi”.
2 – Continua?

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